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“Fiaba d’inverno”, la poesia di Antonio Cammarana con il commento di Salvatore Cultraro

Fiaba d'inverno
Fiaba d’inverno

Io non so perché
un sonno di morte
l’animo mio sorprende.
La sera è fredda,
il cielo oscuro,
deserta la strada
per dove solitario
cammino.

Un brivido di gelo
percorre il mio corpo,
un diffuso malessere
s’approssima al cuore,
una dolce malinconia
invade i miei pensieri:
io lontane sequenze
di una fiaba antica
ricordo.

Silenziosa e discreta
una donna appare e scompare,
con gli occhi parla,
scaldandomi il cuore.

Io non so più quanti inverni
la vidi apparire e svanire,
con gli occhi parlare,
innamorata contando
la mia fiaba d’inverno.
Io non so perché
non porsi la mano.

Nella sera fredda,
sotto il cielo oscuro,
sulla strada deserta
solitario viandante
io cammino.
La piaga nel cuore
accarezzano ancora
le note maliose
di una fiaba lontana.

Antonio Cammarana

“Fiaba d’inverno”, la lirica con cui si apre la silloge “Fiaba d’inverno e altre poesie” di Antonio Cammarana, è il canto che dà voce all’attimo di consonanza, di rispondenza e di armonia tra il viandante e la sua sconfinata malinconia della lontananza e della solitudine.
La magia di quell’attimo è creata dall’introiezione di un io che, nello stesso tempo, è personaggio e autore della trama, dei fatti, dei sentimenti; e che traduce, in parole, la natura musicale dei versi mediante la ripresa della figura più arcana del Classicismo e del Romanticismo : la Sehnsucht, la tendenza dell’animo umano verso una irrealtà più fascinosa della realtà, ossia verso quella nostalgica aspirazione a ciò che possiamo raggiungere soltanto con la fantasia, con l’immaginazione e con il sogno.

Salvatore Cultraro