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La sala da barba


La sala da barbaIgnazio aveva frequentato la sala da barba non per apprendere l’arte e metterla da parte, ma perché la madre intendeva sottrarlo alle insidie e ai pericoli della strada. Dentro la sala e nel tratto di strada di fronte, zio aveva la possibilità di tenere Ignazio sott’occhio, osservando i sui movimenti e vigilando su di lui continuamente. Ignazio aveva il compito di sciacquare il pennello con l’acqua corrente, dopo che al cliente era stata fatta la barba; di spazzolare le spalle allo stesso dopo il taglio dei capelli; di dare alcuni colpi di scopa sul pavimento per eliminare la peluria sparsavi; di ringraziare il cliente dopo il pagamento del servizio.
Nel corso degli anni Ignazio vide barbe e capelli di tutti i tipi e non dimenticò mai che a partire del 1956 il taglio dei capelli e la rasatura della barba erano cinquanta lire, di cui trentacinque per i capelli e quindici per la barba.
Durante le festività natalizie e pasquali il tavolinetto, ‘ che di solito stava in mezzo alla sala con “La domenica del corriere” sopra in bella vista, veniva spostato in un angolo e il settimanale collocato in una sedia. Sul tavolinetto compariva, adorno di palline colorate e di fili d’oro e d’argento, un alberello di Natale che aveva al suo fianco, come scudiero, un vassoio sul quale cadevano, a seconda delle possibilità e della generosità del cliente, monete da cinque e dieci lire. Buona era la raccolta di soldi che terminava il giorno di Natale, più ricca quella di Capodanno, magra quella dell’Epifania.
A Natale e a Capodanno venivano distribuiti da zio piccoli calendarietti illustrati e profumati, frutto di un’accurata ed oculata selezione effettuata nel mese di novembre, quando nella sala, in tutte le ore del giorno, facevano la loro rapida apparizione i rappresentanti di questi almanacchi natalizi. Allora zio contava il numero dei clienti che aveva, li suddivideva a seconda delle possibilità economiche e dell’età di ognuno di loro, ordinava vari tipi di calendarietti: popolari, piccolo e medio borghesi, per professionisti.

In ognuno di essi vi erano raffigurate donne procaci e dive del cinema assieme ai giorni e ai mesi dell’anno. Verso la fine del 1950 zio distribuì calendarietti con donne in costume da bagno.
A Ignazio parve sempre straordinaria la rapidità con la quale zio prendeva dalla tasca oppure dal cassetto dell’armadietto a muro i vari tipi di calendari e come li facesse scivolare nelle tasche delle giacche e dei cappotti dei clienti, per non fare notare la disparità dell’omaggio, che dipendeva dalla generosità delle monete che cadevano sul vassoio delle mance, dalla condizione sociale e dall’età del cliente.
Ogni anno a Ignazio toccavano gli spiccioli, la parte “più congrua andava al primo aiutante, l’equivalente della spesa per acquistare i calendarietti nelle tasche di zio. Ma era bello il clima di attesa che veniva a crearsi attorno alle mance natalizie per quello che potevano fruttare in denaro. Eppure si trattava di poche migliaia di lire, che non avrebbero cambiato la condizione sociale di nessuno.

Dai ricordi d’infanzia di
Antonio Cammarana